Diversi anni fa, quando mi sono iscritto al corso di laurea in Scienze dell’Informazione a Pisa, trovai un annuncio curioso nella bacheca universitaria. Tra le innumerevoli offerte di case in affitto, bici in vendita, appunti e libri in buone condizioni, l’annuncio recitava:
“Vendesi macchina di Turing come nuova, mai usata.”
All’epoca non capii che si trattasse di uno scherzo, anche perché a malapena avevo un’idea della materia che mi accingevo a studiare.
In realtà la mia scelta del corso di laurea era dettata più dagli sbocchi professionali che essa offriva che dalla disciplina scientifica in sé e dalla mia personale preferenza ed inclinazione verso di essa. Avevo fatto il liceo classico e mi sarebbe piaciuto approfondire gli studi in Latino e Greco, col rischio però di rimanere a spasso per un po’ prima di trovare un lavoro senza la minima attinenza con i miei studi.
La macchina di Turing
Qualche anno dopo seppi cos’era la macchina di Turing e l’intenzione scherzoso-canzonatoria di quell’annuncio mi fu chiara.
Per i più curiosi che probabilmente hanno visto The Imitation Game, tengo a precisare che non si tratta di Christopher, la macchina che ha consentito ad Alan Turing di decodificare i messaggi dell’esercito nazista criptati da Enigma.
La macchina di Turing è una macchina di ben più ampia portata e che nella realtà… non esiste. Sì, ok, qualcuno ha fatto dei modellini, anche virtuali, ma non è questa la vera macchina di Turing. Si tratta di una macchina astratta, un modello di calcolo inventato da Turing per dare una risposta al Problema della decisione, uno dei problemi di matematica teorica proposti da Hilbert nel 1928.
Senza scendere troppo nei dettagli, la macchina di Turing è un modello di riferimento che aiuta a definire il concetto di algoritmo e di calcolabilità. Esso è stato usato per dimostrare cosa può essere calcolato meccanicamente e cosa no. In altri termini, cosa un computer può fare e cosa non potrà mai fare.
Macchina di Turing e informatica
E nonostante la sua astratta natura, la macchina di Turing ha un impatto pratico e concreto sulla realtà. La cosa buffa è che i limiti del computer sono stati dimostrati prima ancora che un computer fisico fosse stato effettivamente costruito.
Quella macchina astratta, insieme ad altri formalismi, idee e linguaggi che imparai a conoscere nel corso dei miei studi, mi ha affascinato e mi ha fatto apprezzare quella disciplina a me fino ad allora del tutto sconosciuta.
Comunemente, quando si pensa all’informatica si pensa ad Internet, ai notebook, agli smartphone, ai robot e a tutti gli aggeggi di ultima generazione che ci proiettano in un mondo ipertecnologico. Senza dubbio tutto ciò è fantastico ed entusiasmante, per non dire dannatamente comodo (quando tutto funziona come previsto 🙂).
"Un uomo fornito di carta, matita e gomma e assoggettato a una severa disciplina è in effetti una macchina universale."
--Alan Turing (1948)
L'impronta umana
Tuttavia, quello che mi affascinava maggiormente ai tempi dei miei studi universitari e che continua tutt’oggi ad affascinarmi è l’impronta umana dietro questi marchingegni. Mi affascina molto di più l’ingegno che è stato profuso per inventarli, le idee, i modelli, le teorie che ne rappresentano i fondamenti. La vera essenza della tecnologia dell’informazione va ben oltre il freddo silicio dei computer, e contrariamente a quanto si possa pensare, possiamo dire che essa è nata con l’uomo e ne ha permesso l’evoluzione.
Questa ricerca dell’umano nel tecnologico mi ha spinto a creare questo blog. L’intento è di condividere una visione un po’ diversa di come spesso venga percepita l’informatica, mostrando che c’è molta più connessione con le grotte di Lascaux, con il pensiero di Leibniz, con la biblioteca di Alessandria, con l’evoluzione Darwiniana, con le maschere di Pirandello, con il DNA delle nostre cellule di quanto si possa pensare a prima vista.
Sarà un percorso che richiederà l’aiuto dei lettori, ovviamente. Quindi, mi farà piacere ricevere i vostri commenti e suggerimenti.
Buona lettura! 📚